Il rosso dal nero

26 luglio 2008

Il rosso era il suo colore preferito.
Era, almeno credo.
Aveva tinto perfino i capelli, di un rosso biondiccio che su di lei era qualcosa di pazzesco.
Ci sono molte cose rosse, in giro. Non ci avevo mai fatto caso.
Non prima di entrare in quel bagno, vederla là, per terra.
Dopo tutto, forse non era il suo colore preferito. A Roxy piaceva più o meno di tutto. Purché fosse divertente e leggermente fuori dalle regole.
Leggermente.
Però, se ci penso adesso, non lo so. Non sono più sicura.
La verità è che non ci vedevamo più come prima
Prima di.
E mi manca
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Una delle mie tre storie importanti si chiama ‘Il Nero’ (titolo provvisorio, naturalmente).
E di recente sono tornata, li ho ritrovati tutti lì, ad aspettare, premere e reclamare.
Queste parole nascono appunto da questo ritrovarsi. Da un personaggio – Sara – e da un altro – Rossella -, due donne diverse. Diversissime. Che si incrociano.
Certi legami restano anche quando smettiamo di cercarli, crederci.

Barbara

Lasciarlo andare

13 marzo 2008

Di ‘Cicatrici’ qui ho già lasciato vari contributi.
Ma di quest’altra storia no.
QUI ne ho spiegato un pò l’approccio.
Mentre, per chi fosse interessato, dopo lo stralcio ho inserito alcune annotazioni alla storia nel complesso.

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Lasciarlo andare

(Estratto da ‘Il Nero’ – titolo provvisorio)

 

 

Inutili corrosivi.
I sentimenti, le emozioni, il ’sentire qualcosa’… andrebbero condannati una volta per tutte, rinchiusi a vita dove non possono più fare del male. Sono le fregature più subdole, silenziose eppure quando colpiscono te ne accorgi eccome! Enormi, improvvise e fulminee fregature.

Lo pensa Sara mentre se ne sta rannicchiata sul divano, sotto di lei, sdraiato sul tappeto c’è il Nero. Non lo vede però sa che c’è, sbuca la mano che si muove, stringe un bicchiere di rosso e parla. Parla di qualcosa che dovrebbe essere molto interessante ma lei non sa decidersi. Si sente a disagio, come se qualcosa di strano aleggiasse nell’aria. Non è la prima volta che finiscono a casa sua dopo il lavoro. Dopo l’ennesima giornata stressante. Lui pieno di unto e olio ovunque e lei con le mani che puzzano di detersivo anche dopo mezz’ora di strofinamenti folli sotto la doccia.
Le piace stare lì col Nero, le piace ascoltarlo parlare, commentare e ridere.
Le piace molto.
La mano continua a muoversi, vede il braccio muscoloso adesso, pieno di peli scuri e vene che si contraggono.
I sentimenti dovrebbero abolirli per legge, torna a riflettere. Passi l’amore, il re delle emozioni e in quanto tale capriccioso, volubile, traditore e menefreghista. Passi pure. Però gli altri no, cazzo! L’amicizia poi è proprio ridicola. Uno fa tanto a crederci che rimane col culo per aria, solo e senza un cane che gli sbavi sui jeans.
Eppure lei è ancora comodamente seduta sul suo divano cigolante e ascolta la voce roca del Nero. Forse le sta raccontando dei soliti casini all’officina, i clienti che non saldano o i ricambi che non arrivano. Forse.
O magari no.
Prova ad allungare il collo ma la visuale non cambia. Il braccio fasciato dalla camicia stretta a quadri, la mano che impugna il bicchiere perennemente pieno di rosso. Nient’altro.
Allora si decide e inizia anche a lei a raccontare. Le parole escono, scorrono sotto il divano, verso il pavimento freddo (non ha ancora acceso il riscaldamento).
Perché poi dovrei illudermi? Si domanda all’improvviso. ‘Perché ne ho bisogno’ è l’unica risposta che ha un senso, in quel momento (magari è la verità). L’appartamento sembra di colpo stretto. Soffocante, fa caldo. Prova ad alzarsi ma non ne ha la forza, non ne ha più voglia.
E’che qualcosa di vero ci deve essere se da secoli se ne decantano le lodi. Dell’amicizia insomma. Qualcuno l’avrà pur provata, sta benedetta emozione, e non per una decina di secondi. Anche a lei sembrava di averla scovata. Con Nero e con chi se no?
Lui era l’amico perfetto. Disponibile ma con pochi peli sulla lingua. Se faceva una cazzata sapeva che lui non gliel’avrebbe abbuonata. Se però aveva bisogno di sfogarsi o di spaccare la faccia a qualcuno eccolo pronto, in prima linea coi pugni in posizione.
Il Nero era davvero un ragazzaccio d’oro. In molti sensi. Pieno di difetti che a volerli elencare non le basterebbe questo sogno eppure. Eppure qualcosa nel suo modo di fare, di essere e vivere lo rendeva speciale. Per Sara almeno.
Intanto il braccio è sparito. Sposta il busto e nota che sotto il divano non c’è nessuno. Sente freddo e ha sonno, all’improvviso si ritrova sotto le coperte, in camera.
Quand’è che mi è venuto in mente, di crederci? Al Nero e alle sue puttanate sul ‘ci sarò, fammi un fischio se, ti chiamo dopo per, arrivo subito’ e blablabla. Proprio.
Una vera merda.
Ecco cos’è tutta questa storia, si sente pensare ad alta voce.
Una fregatura e basta, l’ennesima dimostrazione che non ci si può fidare neanche del cane. A volte capita, di scontrarsi con qualcuno che sembra ‘compensativo’, Sara annuisce nell’oscurità delle coperte, capita in effetti. Ma bisognerebbe scansarsi in fretta, rialzarsi, salutare e tanti baci. Fine. Basta. Amen.
Ma insomma, che faccio?
Trema, Sara.
Se anche l’amicizia è una falsa, un’invenzione di comodo, un modo per fingersi al sicuro. Se. Anche.
Lei ne ha bisogno, questo è il vero scoglio da superare. Adesso. Da quando lui è sparito e non si sa neanche se è ancora vivo.
Per carità.
Trema sempre più forte, sente i denti che battono. Stridono.
Il Nero si è solo cacciato in un guaio più grosso del solito, tutto qui. Tenta di rassicurarsi mentre rivede il braccio muscoloso. Il rosso intenso del vino. C’era anche un odore, una specie di colonia, qualcosa di speziato non dozzinale.
C’era.
Apre gli occhi e si maledice.
La radiosveglia sul comodino segna le quattro.
Porca puttana, adesso anche di notte mi perseguita?
Sposta il corpo appoggiandosi sul fianco sinistro. Osserva la finestra chiusa, qualche raggio di luna filtra fino al letto, stria le lenzuola felpate.
Non è lui, il Nero, che la perseguita.
Ne è consapevole tra la foschia dei ragionamenti appiccicati alla faccia.
E’lei che non riesce a smettere di pensarci. Quando qualcosa manca (come un pezzo di carne strappata e poi lasciata a pulsare in modo che gli occhi la vedano), quando è così c’è poco da fare. Aspettare che passi, sperare che passi in fretta. Presto insomma. Sopportare e sperare.
Sperare?
Riapre le palpebre e si maledice di nuovo.
Bisogna chiudere e andare avanti.
Parlerà coi muri se proprio non ce la farà a tacere.
Prima però deve sapere. Sapere e basta senza andare oltre.
Capire se sta bene, dov’è e come se la passa. Poi potrà lasciarlo andare.
Lasciare andare qualcuno è la dimostrazione di quanto la vita sia insensata, ingiusta e superiore agli affetti.
Lasciarlo.
Andare.

 

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Dalla presentazione di Patrizio Pacioni sul suo sito – portale:
Il brano che ci presenta, in gentilissima anteprima, fa parte di “un’opera che”, dice Barbara “mi sta assorbendo già da un po’: un lavoro difficile tra sentimenti, incastri e riscritture.” Nella storia del romanzo si tratterà di due vecchie amiche dalle anime inquiete piene di ferite, Sara e Rossella. Poi un matrimonio, un’esplosione, qualcuno che scompare. E il mondo si capovolge in un viaggio di sola andata dove non c’è più tempo per riflettere, capire, perdonarsi. È una corsa contro il tempo per farlo tornare. Lui. Il Nero.
Per conto nostro, solo leggendo il breve estratto che segue, caratterizzato da una scrittura cruda ed essenziale, ci sentiamo di affermare quanto segue: una volta pubblicato (speriamo presto!) si tratterà di un libro da non perdere, che -se è vero che il buon giorno si vede dal mattino- confermerà l’ormai splendida maturità espressiva di questa giovane e versatile autrice.