Ti amo

29 luglio 2009

barbara gozzi

Ricorda di averla aspettata a lungo. Tra afa soffocante e volti sfuggenti. E anche di averla chiamata, oltre la decina di tentativi a vuoto. L’utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile. Trullallà, trullillà. Sudore sotto le ascelle a formare aloni fastidiosi sulla camicia, non una qualunque, scelta proprio per andarla a prendere. Vagamente profumata di mare, per via di quell’ammorbidente blu, oceans recita l’etichetta invadente. A lei piace. Il mare. Il sole. Ridere. Stavolta qualcosa dev’essere andato storto.
Ripiega le braccia sotto la testa, con le pupille gonfie perlustra in lungo e in largo il soffitto della camera, straniera come la donna mollemente abbandonata sul suo fianco sinistro. Bella, dalla pelle scura, arsa dai raggi invadenti. Occhi chiari, sfumati. Labbra enormi, effetto risucchio.
Un ronzio gli provoca uno scatto fulmineo del collo. E’ lei, se lo sente tra le cosce. E’ come averla lì, davanti a lui, in ginocchio che fa la diva, a non guardarlo fissando oltre i suoi capelli sul cuscino mentre muove i fianchi e si passa i polpastrelli sul seno ancora parzialmente coperto dalla canotta. Bianca. Ultimamente indossa sempre lo stesso modello. Con i bordi spessi, da uomo. E rigorosamente di un bianco etereo, che acceca. Nessun vezzo tra la carne, gioielleria varia, trucco, profumi, nulla. Persi per strada, col tempo. Solo un sottile aroma denso, dolciastro, residuo insistente di una crema che la ossessiona. Ventisette euro il barattolo. Enorme, il barattolo. Sembra un cofanetto dagli spigoli tondeggianti. E lei che, con un solo movimento del polso ne fa rotolare il coperchio, gli provoca un brivido di quelli rari, la prima volta che gliel’ha visto fare ancora pioveva. Era il venti aprile. Poi con quelle mani piccole si riempie i palmi, schiariti improvvisamente dall’unguento compatto e molliccio.
Altra scossa. Chiude gli occhi il tempo di scacciarla. L’immagine delle sue mani che spalmano su fianchi, cosce, risalendo verso la pancia che splende lucida; l’immagine è diabolica. Messaggio! Allunga il braccio destro, la straniera si è accoccolata sulla spalla opposta, ne limita i movimenti ma con quell’unico arto libero rintraccia il cellulare. Il ronzio familiare ora lampeggia. Non ti è piaciuto? Corruga la fronte. Non ti è piaciuto? Perde contatto con il display, l’oggetto scivola sul pavimento con un tonfo attutito da un presunto tappeto che non ha memorizzato, d’altra parte l’arrivo della sera prima non era destinato ai dettagli. Ricorda precise emozioni, la ferita, ma anche quella rabbia che da dentro inspessisce tessuti e opacizza sguardi. Quel tipo di rabbia che trasforma un male in altro. Infatti si ritrova questa straniera tra le costole, stamattina, che gliel’ha succhiato fino a farlo urlare, con la bravura dell’esperienza e l’occhio del mercante ma poi non ha voluto niente. Resta. Solo questo, le ha sentito dire. In tutta una notte. Resta.
Non ti è piaciuto?, è un link, un rimando a quel qualcosa che tra loro si è inceppato mesi fa e non è più ripartito. Non come prima. Tra. In. Loro. Lui e lei. La straniera muta in controfigura. Comparsa.
Quando le ha detto: ci sarò, figurati, aspettami. Poi ha chiuso i contatti. Cellulare staccato. Fuori casa. Fuori città anche. Fuori tutto eccetto se stesso. Ricorda di averla pensata, uno o due attimi, secondi, minuti non è sicuro, secondi di certo. L’ha pensata con la solita voglia di quella sua schiena che è tavola da surf, richiamo a carezze precise, lente, prolungate. Altro no, non lo ricorda perché non c’è stato. L’ha lasciata fuori da sé. E lì, in quel fuori e dentro, è rimasta. Non una scenata, un verso, appena qualche riferimento, per lo più casuale, dopo alcune settimane di nulla. Fino a oggi.
Gli ha detto: il treno è quello solito, aspettami per le sei e qualcosa. Poi niente. Non c’era, sul treno. O non è scesa. Non c’era e basta.
Era un ritorno. Link di rimando. Coda che frusta prima di acciambellarsi su se stessa.
E’ resa o perdono?
Male o Bene?
La straniera si stiracchia, ha un sorriso strano, non brutto, no. Gli confonde la testa. Sente che le labbra enormi sono tornate. Ammorbidiscono un capezzolo. Il cellulare è ancora per terra, chissà dove sotto la rete, il materasso, le lenzuola, loro. E di nuovo si sente la pelle accesa. E’ lei, che torna e scompare. E’ la straniera, con quell’alone diverso e vicino insieme. E’ che tutto ha un prezzo. Non sempre quello previsto.
Poi si.
Si.
Gli è piaciuto.
Ma solo perchè nell’assenza c’era, lei.
Il corpo della straniera addosso al suo, lui dentro quella carne scura, soda.
La sua voce, era lei, che gli sussurrava quello che sempre, da sempre, ha aspettato di sentire. Sono qui, amore amore…
Poi l’oblio delizioso. Perfetto.
E’ bene, altro non può. Il resto glielo lascia. Lei è così, in fondo. Colpita si rialza ma zoppica anche se non si vede. Più male di quello che sente non riesce a provocarne. Ne resta comunque soffocata.
Confeziona la risposta, la incarta con la mente, pronta per l’invio non appena potrà lanciarsi con la testa sotto il letto. No, per niente. Ti amo.
La straniera intanto gli ha rubato le labbra, se lo stringe contro, ammobilia pelle nuda con carezze veloci, efficaci. Ti amo. E sospirando aspetta.

di Bg, notte tra il 28 e il 29 luglio 2009.

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