Questo libro è un inchiesta. Penso sia questa la parola chiave che il lettore dovrebbe tenere a mente mentre legge.
Da wikipedia: L’ inchiesta è un procedimento investigativo teso alla scoperta della verità su di un fatto accaduto.
Essa può essere giudiziaria se condotta da un magistrato con la collaborazione della polizia giudiziaria, oppure giornalistica se portata avanti da un cronista.

Non è dunque un romanzo che vuole raccontare storie strappalacrime. Ci sono tante storie dentro le pagine ma sono frammenti di centinaia di documenti, articoli, rapporti, interviste, rielaborazioni e statistiche. Sono storie vere, raccontare ‘fin dove è possibile’, fin dove è permesso, fin dove ci è dato da sapere.
Caterina Boschetti, classe 1977, è una giornalista che raccoglie, unisce. Niente di più. Perché niente di più può fare.
Ogni tanto si sente la sua voce, la necessità di urlare contro realtà che dovrebbero scuoterci fino alle viscere invece ci lasciano indifferenti o quasi. Se ne discute pochissimo, meno ancora li si nomina – questi crimini disumani – addirittura molti adulti neanche vorrebbero sentirli nominare.
Penso che la vera natura di una società si rintracci proprio in quelle dinamiche che colpiscono i più deboli, è nel ‘come’ si reagisce, interviene, aiuta il ‘debole’ che possiamo misurarci. E’ li che ci sveliamo per quello che siamo. E credo che, al di là dei documenti in esso contenuti, in questo libro emerge con una crudezza disarmante che siamo animali senza anima, che colpiamo perfino – soprattutto – gli indifesi per eccellenza, i bambini ma che, oltre tutto, non reagiamo proporzionatamente, non puniamo, difendiamo e tentiamo di evitare a dovere. In Italia, quanto meno, siamo ancora allo sbando.
Ci sono molti documenti complicati, storie lasciate a metà, raccontate con quel velo, quella patina che ogni giorno emerge anche attraverso il filtro dei media. Ma non potrebbe essere altrimenti, credo. E non si può incolpare l’autrice, secondo me. Ha un grande merito, che va riconosciuto, l’aver dedicato approfondite ricerche all’argomento, l’aver strutturato una vastità di tematiche legate da fili rossi sottili che di solito si cancellano furtivamente. L’aver riunito tutti questi documenti è un buon punto di partenza. Se non altro per riflettere.
Scompaiono moltissimi bambini in Italia. Nel mondo. E non starò qui a mettere cifre perché le liste della spesa non hanno sapore tanto meno odore. Sono i fatti che contano. E non solo – anzi soprattutto – quelli NON mediatici.
Ci sono bambini che scompaiono senza che l’opinione pubblica se ne accorga. Perché certi bambini neanche esistono, non hanno codice fiscale o altro.
Poi ci sono quelli che esistono ma all’improvviso non si trovano più. E spessissimo sono stranieri. Quelli che cercando una famiglia cadono in trappole mortali. Quelli che nascono già destinati a essere ‘pezzi di ricambio’ in famiglie talmente povere dove è necessario sacrificare un figlio (di solito l’ultimo) per dare da mangiare a tutti gli altri.
E così si potrebbe continuare a lungo. Perché la morte non è l’unico destino che possono incontrare questi bambini scomparsi.
In conclusione è un inchiesta, non un romanzo, è un testo da studiare, analizzare, non deve rilassare, divertire o strappare lacrime sporadiche. E’ un insieme di documenti scottanti per quanto incompleti, lasciati alle sospensioni del tempo e dei potenti. Ma andrebbe tenuto a disposizione. Per la consultazione. Sfogliato. Lette piccole parti con calma, assorbito e decodificato.
Non so se mai sarà possibili arrivare in fondo a ‘una’ verità in un mondo dove tutti coprono un pò, celano, si arricchiscono e tacciono. Non credo.
Ma non si può ignorare in eterno, fingere che non, girare la faccia.
E questo libro tenta, appunto, di alzare il volume.

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Da Panorama del 24 Maggio 2008:

“Un bambino scomparso è una fotografia che non invecchierà mai”. Per Caterina Boschetti, giornalista e autrice de Il libro nero dei bambini scomparsi (Newton Compton editori, 430 pagine) in libreria dal 29 maggio, è venuto il momento di togliere quelle foto dal cassetto e ricordare a tutti un dramma troppo spesso sottovalutato. Dopo Il libro nero delle sette in Italia (sempre Newton Compton), Boschetti racconta il mondo dell’infanzia negata e dà un volto a tutti quei bambini spariti nel buio. Che non sono pochi: secondo il rapporto annuale del Viminale sono 23.545 le persone sparite nel 2007, tra esse 9.710 sono minori. Le cause vanno dalla fuga volontaria al sequestro da parte di uno dei genitori, dalla riduzione in schiavitù al traffico di organi, dalla pedocriminalità al rapimento per scopo di estorsione.
Come è nato questo libro inchiesta?
Ho iniziato con una ricerca storica del fenomeno: a partire da Paolo Ratti, il primo bambino scomparso nel 1963 , ai sequestri di Farouk Kassam e Augusto De Megni. Ho cercato di raccontare questa piaga attraverso le testimonianze dei familiari delle persone scomparse e mai più tornate a casa, da Paolo Onofri, il padre del piccolo Tommy, a Luciano Paolucci, genitore di Lorenzo, il bambino sequestrato e ucciso dal mostro di Foligno. Con l’aiuto dell’Interpol, della Polizia di Stato e Postale, ma anche grazie al Ministero dell’Interno e della Giustizia ho analizzato i dati e i singoli casi.
Cosa è emerso?
Che c’è poca informazione. Se non fosse per la trasmissione Chi l’ha visto, oggi in Italia quasi non si parlerebbe di persone scomparse. Non esiste un numero verde per i bambini scomparsi, nè una banca centrale degli obitori e dei dati nazionali del dna. Manca un fondo per le vittime e le loro famiglie: anche stampare volantini costa. Non basta indignarsi quando scompare un bambino, altri Paesi hanno avviato sistemi per aiutare queste persone e noi dovremmo prendere esempio da loro. E poi volevo sfatare i luoghi comuni.
Quali?
Raccontare che non esistono solo i casi terribili di Denise Pipitone e Angela Celentano, ma mille altri come lo scenario tremendo del mondo nomade: un bimbo rom rende dai 500 ai mille euro al giorno, e così vengono venduti e usati per accattonaggio e borseggio.
Cosa spera da questo libro?
Che la gente si sensibilizzi al problema. Il 25 maggio è la Giornata internazionale dell’infanzia negata. Chi scompare lascia un segno indelebile. Non cancelliamo il problema con l’indifferenza.